Da Duronia a Ripalimosani con Nestore

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8 giugno, domenica

Aveva dieci anni Nestore Campana quando partì per la sua prima transumanza. “Il primo ottobre del 1920, invece di andare a scuola, mio padre mi portò a fare l’università alle montagne”. Ne farà 58 di tratturi da Villetta Barrea, il suo paese in Abruzzo, a Candela in Puglia, a piedi. Fino al 1955, quando le greggi cominciarono a essere trasportate sui camion a Foggia per trascorrere la stagione invernale. A 89 anni scrive “Il diario del pastore Nestore”, che è un piccolo gioiello di vita autentica. Parla di un mondo che non c’è più, un tesoro che si è perduto. Ma che si sente forte quando si imbocca il tratturo, questa via verde che milioni di pecore e di uomini hanno percorso fin da prima dei Romani.
Nel quinto giorno di cammino, siamo nel cuore della terra dei Sanniti. Duronia è un piccolo paese in cima a una rocca, le case sono di pietra e le strade ripidissime. Vincenzina ci ospita al Giardino dei Gelsi, il marito e il figlio in cucina, l’altro figlio al bar suona l’organetto. Gli amici inglesi apprezzano la falanghina che viene servita come aperitivo sul terrazzo che si affaccia sulla vallata, ma qui si mangia anche molto bene. Forse troppo. Ma il cammino mette appetito. Le camere si affacciano sulla luce del tramonto, la notte arriva tardi, quando siamo a tavola. Si ripercorrono le sensazioni vissute durante il giorno, si fa la conta delle orchidee fotografate (quante!), si studia il cammino di domani.
Da Duronia si scende, il tratturo è evidente, subito sotto il paese. Si cammina fra l’erba alta, ma poi il sentiero si apre e si vede questa ampia autostrada pastorale. Verde. Verdissima. Le ginestre ci fanno sempre compagnia, assieme alle macchie di sulla, o granpalupina, come la chiama Assunta, che col marito ci ha caricato il tetto della macchina per portarla ai conigli. Fazzoletto in testa e grembiule, ci tiene a dire che ha dieci nipoti. La salutiamo vedendo già all’orizzonte Torella del Sannio, paese tranquillo che ci accoglie con una pasticceria che sarà difficile dimenticare. Era anni che non mangiavo un gelato al limone così. E’ domenica e sono tutti in piazza a chiacchierare. Ci salutano (foto sopra) con un arrivederci, e viene voglia di tornare.

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Castropignano, un altro paese arrampicato, grigio pietra, con il ruderi del castello duecentesco dai profili sdentati, è l’approdo dell’ora più calda (foto), all’una siamo in piazza, accaldati e affamati. E’ domenica, passa un corteo di auto per un matrimonio. Ci aspetta Ripalimosani, un altro borgo antico, uno di questi gioielli molisani che non ti aspetti. Ha le case colore pastello e un bar piccolo piccolo dove beviamo acqua e menta e amarena per toglierci di dosso la calura di oggi.
Nestore non era fortunato come noi. A lui al massimo capitava di trovare una taverna, cioè una casa di contadini sul tratturo che si trasformava in temporaneo alloggio e nutriva i pastori in cambio della sosta del gregge (che così concimava i campi). Ma c’erano anche notti in cui si dormiva sotto le stelle e si mangiava solo l’acqua sala, che era una minestra di sale e niente più.

Foto: Torella del Sannio e Castropignano

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