Il Molise a piedi è un quadro impressionista

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7 giugno, sabato

Il Molise è un quadro impressionista, un Monet che sconcerta per l’uso ardito del colore. I cespugli di ginestra sono macchie esagerate di giallo, costeggiano le strade e gli antichi tratturi, ormai percorsi da pochi animali e ancora meno da persone. Imperterriti procediamo. Non ci frenano né le salite fangose dove si sprofonda fino alle caviglie – ma per fortuna che continua a fare bel tempo – né una nuova diga che ha seppellito con un lago artificiale un bel pezzo di cammino da Pescolanciano a Civitanova del Sannio. Dobbiamo aggirarlo, ma è un’avventura. Ci riusciamo, e alla fine è pure divertente, anche se il cammino si allunga di un’ora. Dove nessuno sfalcia, le erbe selvatiche (e spinose!) ricoprono ogni cosa, e diventano impenetrabili. Sopravvivono sentieri nei boschi dove si calpestano morbidi letti di foglie secche: basta trovarli, però, questi sentieri (e il nostro pastore-guida li conosce tutti).

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Il gracchiare delle raganelle è il nostro concerto quotidiano, incontreremo molti serpenti e serpentelli lungo la via, ma nessuno velenoso. Qualche mucca, pecore qua e là, cani bianchissimi e massicci (i mastini abruzzesi) in difesa delle sparute greggi. Anche Pescolanciano è sulla via della transumanza, ha un castello che si staglia sul tratturo, da lontano vedi la sua sagoma e, dietro, la verde, larga via che scende dalla collina. Si fa pausa al baretto, tutti ci chiedono da dove veniamo, e quando diciamo “Pescasseroli” facciamo colpo. Ci si arriva in un’ora d’auto, ma arrivarci a piedi sembra interminabile. Invece bastano tre giorni. I pastori ci mettevano meno, perché viaggiavano dall’alba al tramonto. Noi teniamo un ritmo di 6-7 ore di cammino, i chilometri sono circa venti ogni giorno.

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La bellezza di questa tappa è a ogni curva. Arriviamo su un altipiano e incontriamo Ernesto, pastore appoggiato al tipico bastone che ci osserva curioso (foto). Ha 80 anni, ci dice, ma li porta benissimo. Le sue pecore non le munge più, vende la lana ma “non si guadagna nulla”, semmai qualche soldo lo prende con gli agnellini, la loro carne è più richiesta.

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Il saliscendi è fantastico. Verso Civitanova è ancora un trionfo di ginestre (foto sotto), il profumo è intenso. Si arriva al paese dall’alto, sfiorando una alta roccia e approdando in piazza. In alto, sul colle, un cippo datato “1881” porta la sigla “RT”, Regio Tratturo. A noi basta seguire le ginestre. Su questo colle, Monet avrebbe messo un cavalletto.

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