Il Messaggero (non) mente in cammino

IL FENOMENO

Lunghe distanze a piedi, pensieri in libertà, concentrazione sulla fatica e piccole pause. Poi, di nuovo in cammino. Non solo per allenare i muscoli. Ma per riabbracciare, scarponi bel saldi a terra, un’antica forma di incontro con se stessi. Attraversando strade, viottoli, foreste e prati. Per andare oltre. Con una meta (non è comunque obbligatoria) ma senza fretta e senza orologio. Un percorso con le gambe e con la mente. Un entrare e uscire che permette relazioni, solitudini, rumori e silenzio. Una continua esplorazione che, facil- mente, si trasforma in una strategia anti-stress oltre che un aiuto per il ritmo cardiaco e quello del respiro.

IL SENTIMENTO

Ci si mette in marcia per divertimento, per sport, per fede o per esplorazione del sé, come racconta Alessandra Beltrame in “Io cammino da sola” (Ediciclo). La strada si trasforma. Non come mera metafora ma come compagna che misura l’umore, la forza fisica, il desiderio di cambiare. Ma anche l’educazione sentimentale, secondo alcuni, e la voglia di sperimentare. I passi si trasformano in strumenti per calmare la mente, vincere l’ansia e i pensieri assillanti. L’importante è vivere il presente. Benefici che il camminare consapevolmente condivide con la meditazione, lo yoga, le tecniche di mindfulness e i diversi altri percorsi di crescita personale.

L’andare per il fine di andare sembra che, da noi, sia diventata un’abitudine molto più diffusa di quanto si possa pensare. Nel 2016 sono stati gli italiani i maggiori frequentatori del Cammino di Santiago di Compostela. In testa agli europei. Dei trecentomila viaggiatori (quelli che hanno ricevuto la pergamena perché hanno fatto almeno 100 chilometri a piedi oppure 200 in bicicletta) 24 mila arrivavano dall’Italia. Il 6% in più rispetto al 2015. Abbiamo battuto anche i camminatori-modello della montagna, i tedeschi. Nuovo e inaspettato sovraffollamento di moderni viandanti anche lungo la Via Fracigena, quella che nel Medioevo univa Canterbury a Roma e ai porti della Puglia.

L’AGITAZIONE

Jon Kabat-Zinn, professore di Medicina e direttore della Clinica per la riduzione dello stress dell’Università del Massachusetts racconta: «Conosco persone che a un certo punto hanno incontrato serie difficoltà a sedersi, ma sono state in grado di svolgere un’intensa pratica meditativa camminando. Del resto nessuno può rimanere seduto costantemente e alcuni trovano assolutamente impossibile essere consapevoli nella posizione assisa a causa della sofferenza, dell’agitazione e della rabbia che li opprimono. Ma possono farlo camminando». Nella meditazione in marcia si deve prestare attenzione al camminare come tale e basta. Ci si può concentrare sulla cadenza dei passi nell’insieme o sui segmenti successivi del moto. Come sollevare il piede, procedere, poggiarlo nuovamente. E’ possibile, così, accoppiare la consapevolezza del camminare con la consapevolezza del respirare.

L’EFFETTO

Questa attività è solo apparentemente banale dal momento che permette a chiunque, a costo zero, e senza bisogno di essere degli atleti, di ottenere significativi benefici in termini di salute con controindicazioni praticamente inesistenti. «Camminare – spiegano alla Fondazione Veronesi – aiuta a ridurre il livello di colesterolo “cattivo” o Ldl e alzare quello “buono”, Hdl. I noltre aiuta ad abbassare la pressione, a controllare il rischio di diabete di tipo2, a tenere il peso nei limiti desiderabili. Una passeggiata di un’ora a quattro chilometri all’ora, per esempio, fa spendere fra le 100 e le 200 calorie e fa bruciare almeno sei grammi di grasso. Se si accelera, si bruciano più calorie in minor tempo, ma si consumano più carboidrati e meno lipidi».

Carla Massi

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