Povero orso. Arrivano i mostri

“Quando entro in un bosco, so di entrare in un luogo altrui, e devo accettare chi ci vive e come reagirà. Io sono una donna che vive in città e che nel bosco ci va per diletto… Però desidero sentirmi come il lupo, come l’orso, la lepre e lo scoiattolo: alla pari. Né più forte, né più saggia di loro”. (Alessandra Beltrame, Io cammino da sola, Ediciclo Editore)

Oggi a Lovely Planet su Rai Radio Tre (dalle 11 alle 11.30) racconterò ad Anna Maria Giordano la mia esperienza di volontaria con Leo Africa per il monitoraggio e la protezione degli animali in Sud Africa: i leoni, i rinoceronti, che ancora ammazzano a migliaia, poi i fragili ghepardi, i rari leopardi che una volta diventavano pellicce (qui fotografati ieri mentre si accoppiano per la strada al Kruger: pensate quanto si sentono al sicuro in questo parco!).


Sono felice di avere questa occasione, che nasce da una suggestione legata al mio libro “Io cammino da sola”. Ma l’intervista è stata registrata un mese fa e in questo momento, piuttosto, vorrei parlare di altri luoghi e di altri animali.
Sono appena ritornata dall’Abruzzo, dove la convivenza dell’orso marsicano con l’uomo segue regole di esperienza, consuetudine e buonsenso che in Trentino mancano. L’assassinio dell’orsa che si chiamava con una sigla (in Abruzzo e in Sudafrica gli animali monitorati e conosciuti ricevono tutti un nome proprio) è un delitto che mi riempie di tristezza e mi fa indignare.
Gli orsi in Italia sono poche decine. Poche decine! Certo, i turisti sono migliaia, milioni. Pensiamo di proteggerli uccidendo il più grande mammifero europeo che sopravvive a stento nelle nostre montagne? Sparargli una pallettata e risolvere il problema. Facile, ma sbagliato: così uccidiamo la nostra intelligenza, azzeriamo la nostra (presunta) superiorità, cancelliamo il cammino che facciamo per i nostri figli rispettando la natura e la convivenza con le altre specie. Per consegnare loro un pianeta migliore,
In Italia non si impara mai né dagli errori del passato né dalle buone pratiche e dagli esempi positivi. Ci si ostina a sbagliare da soli, rivendicando un’autonomia ottusa, cieca e sorda. Mi viene in mente l’ammirevole ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 1976 e quel che invece è successo a L’Aquila dopo il sisma del 2009.
Nel Parco d’Abruzzo oggi si fa bearwatching e si affronta il problema degli orsi confidenti (quelli che si avvicinano all’uomo) con l’informazione, non con la distruzione. Certo, anche lì ci sono criticità, discussioni, problemi. Ma è attorno all’orso marsicano e alla sua protezione che si è sviluppato il Parco, l’orso non è stato catapultato, come è avvenuto in Trentino, per dare il brivido di vivere in un luogo selvaggio che selvaggio non è. Ci possono essere stati i migliori intenti nel reintrodurre un animale selvatico, un grande mammifero, in un habitat vocato per lo più all’ospitalità turistica. Non giudico la scelta, ma quel che ne è seguito. Se l’orso si ambienta nelle valli trentine, va accolto e protetto, difeso, non abbandonato a se stesso. Non ucciso, se per caso incontra un uomo che va a spasso col suo cane.

In Sud Africa, i grandi parchi hanno salvato  la vita agli animali selvatici perché hanno creato enormi aree riservate a loro, dove l’uomo entra solo a certe condizioni. L’esperienza insegna che la convivenza dell’uomo con il grandi mammiferi  è impegnativa, difficile, perchè l’uomo vuole prevalere, perché i grandi animali sono meravigliosi però dotati di zanne, artigli, una grande mole e notevole potenza, perché le mamme difendono i cuccioli. Insomma, cose normali. Per questo, hanno bisogno di grandi spazi per loro, per evitare collisioni con noi poveri e deboli (però dotati di fucile) umani.

Tutto questo, nel caso del Trentino, avrebbe richiesto l’elaborazione di un ragionamento minimamente sofisticato, la consultazione di esperti, la valutazione di esperienze recenti e presenti di buona o comunque migliore convivenza, come per esempio avviene in Abruzzo. Però no. Non si è fatto nulla di tutto ciò. Così in Trentino si è visto il peggio. Questa ridente provincia autonoma (caso unico: viva le autonomie!) sarà pure civile e addomesticata, però l’uomo che la abita (e la amministra) si comporta in modo rozzo e primitivo. Ascoltare il presidente della Provincia dire al Tg che nella sua decisione ha usato “scienza e coscienza” rivela la tragedia in cui siamo immersi.
E poi: vedere l’orsa morta, distesa sul cofano dell’auto, insanguinata; osservare da vicino un grandioso animale che di solito sta nascosto nei boschi, un esemplare stupendo, magnifico, ma certamente selvatico, enorme, possente, può solo far scaturire altro sangue, paura, rabbia, e poi contrasti, scontri, diatribe tra chi amministra, chi abita i luoghi. Uccidere non placa, semmai rinfocola vecchi rancori, antichi odi. Povera orsa. Poveri noi.
Un timido consiglio. Nel Parco Kruger, che è vasto quanto il Galles (!), gli animali vivono liberi, sono gli uomini a stare in gabbia: possono vivere solo in ristretti campi recintatissimi oppure girare chiusi dentro gli abitacoli delle automobili. Sporadiche passeggiate sono permesse con guide.
Nella mia esperienza di volontariato, ho avuto il privilegio di camminare nel bush per osservare e studiare la condizione e il comportamento gli animali, anche allo scopo di svolgere attività antibracconaggio. Ma si trattava di un Parco privato, chiuso ai turisti. Non si andava in giro per diletto, solo per lavorare. Mantenendo totali sia il rispetto sia la distanza dalle bestie. Eravamo ingabbiati anche noi, mentre gli animali comandavano su 67 mila ettari di terra.
Perché non fare lo stesso in Italia, chiudendo in recinti gli uomini che hanno dato prova di bestialità e lasciando liberi e soprattutto indisturbati gli animali?
Non è una proposta peregrina, ma forse l’unico modo per evitare il peggio, visto l’imbarbarimento galoppante. In fondo, anche i nostri orsi del nord sono migranti: vengono dalla Slovenia. E gli italiani, come si è visto, sono pronti a tutto quando si tratta di difendere le frontiere dagli invasori, pazienza se sono disperati o minacciati di estinzione, Sono riusciti ad annichilire le Ong, questi mostri marini pieni di tentacoli, figurarsi se non riuscirebbero a eliminare qualche decina di plantigradi golosi di miele. Dato che quella del leopardo è indisponibile, la pelle dell’orso sarebbe un ornamento perfetto per i salotti dei nuovi mostri.

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