Mi sono letto ” Io cammino da sola” bevendomelo d’un fiato in una notte senza sonno. Mi piace come descrivi i tuoi sentimenti più intimi. Mi piace il tuo passo che dà ritmo al tuo narrare. ricordare. testimoniare. Ma voglio aggiungere una cosa. Tu non cammini da sola. Se guardi bene, in fondo, ma in fondo al tuo zaino, ti stai portando appresso tutte le persone che hai incontrato nel tuo cammino.
“Ho incontrato i gelsi, nei piccoli giardini di Acquapendente, nella casa accogliente dove ho sostato a Centeno. I gelsi di casa mia. Quelli che un tempo nutrivano i bachi da seta. Quelli che ho visto nelle filande da bambina. Lavoro di donne. Il mestiere è scomparso, i gelsi restano a bordare i campi arati, tozzi corpi antropomorfi messi in fila a fare coreografia a beneficio dei pittori, pugni rivolti al cielo per imprecare impotenti contro l’ultima catastrofe, pronti per quella futura. Segni fatali, come gli uccelli neri che si sono alzati in volo dalla nera casa del sole e del vento. (…) Quel gelso, quei gelsi mi ricordano l’infanzia. È un passato che porto nei piedi, un tempo diverso che non è più qui, che non permane, che aveva un altro sapore e odore. E io qui, davanti a questi gelsi, mi struggo di nostalgia”. (Io cammino da sola, pagg 145-147)