Un potere meraviglioso, tutto nostro

Camminare occupa sempre meno spazio nelle nostre vite. Nella mia, di sicuro sì. Lavoravo seduta, prendevo l’auto o il motorino per andare ovunque, ogni occasione era buona per sprofondarmi sul divano a leggere o guardare la tv. Perfino quando uscivo col cane procuravo di stare a spasso il meno possibile. Ero pigra? Forse. Ero stanca? Sì. O meglio: mi sentivo stanca.

L’alibi era che non avevo tempo.

Mi sono messa in cammino perché volevo andare altrove, perché cercavo qualcosa di diverso dalla strada segnata, illuminata e perfetta come la pista di un aeroporto che era la mia vita. Un buon posto di lavoro, un futuro discretamente prevedibile. No: io volevo continuare a sorprendermi, a provare emozioni.

Ho cominciato a camminare per più giorni. Il cammino di cui parlo io non è una escursione, una passeggiata. Non è andare da A a B. Non è il trekking, non è un gesto atletico. Il mio cammino è un percorso di lenta esplorazione a piedi di un luogo, che poi diventa anche una esplorazione di sé, delle proprie forze e delle proprie debolezze. Per questo mi piacciono le antiche vie, i cammini di pellegrinaggio. Non perché ho fede, ma perché mi riportano echi del passato, perché sono pieni di storia.

Il cammino è una scoperta a ogni passo: di sé e del mondo.

Il cammino, se fatto per più giorni, rigenera, purifica.

Il cammino ha il meraviglioso potere di accendere le tue energie, perché ti sollecita, ti stimola, ma lo fa al ritmo giusto, che è il ritmo del tuo cuore, del tuo respiro.

Il giorno che ho cominciato a camminare ho scoperto che la vita, la vita che volevo, non era ripetizione di gesti, rigidità, riti e noiose abitudini. La vita è altro: è brividi e sorpresa.

Cominciando a camminare ho rivendicato il mio diritto ad andare lenta, a prendere il mio tempo per godere della natura, scoprirla, conoscerla, dare il giusto nome alle piante, vedere gli animali selvatici, annusare un fiore, incrociare lo sguardo di un capriolo, sentire l’odore della terra, accettare gli elementi.

Camminare ti insegna a stare al mondo. Ora la pioggia, il freddo non mi fanno più paura, so che posso affrontarli. Mi sento più forte, mi ammalo di meno. Camminando il mio corpo si riscalda, se mi bagno non è una tragedia.

Per camminare bene, però, bisogna imparare a farlo. Io ho cominciato con brave guide, in gruppo. Mi sono iscritta a un corso per conoscere la meteorologia, per saper leggere una mappa, riconoscere i sentieri, trovare la direzione.

Poi ho dovuto camminare da sola. Sì, proprio così. Ho dovuto. Perché accettare la solitudine è un atto di coraggio: la devi guardare negli occhi, marciare, inciampare, sacramentare come lei, come scrivo nel mio libro. Sviscerarla, sventrarla, affondarci le mani. Non è un percorso facile.

Il cammino da sola mi ha curata. Nel cammino in solitaria devi bastare a te stessa, sei il tuo motore e il tuo riparo. I tuoi piedi ti devono portare in tempo al luogo dove sosterai per la notte, devi tenere la schiena diritta e la testa alta, stare attenta alla strada e a ogni passo. Te ne basta uno in fallo ed è finita. Sbagli la postura e il giorno dopo non riesci più a portare lo zaino.

In cammino devi stare bene, devi essere in equilibrio. Per questo stai attenta, ti curi, mangi quel che ti serve e non di più, non di meno. Nella vita frettolosa che facciamo, invece, anche se stai male tiri avanti, perché sei circondata di ausili, di distrazioni che ti supportano, che non ti fanno pensare e che comunque ti portano a destinazione. Nel cammino, invece, è tutto ridotto all’essenziale, non c’è il superfluo. Allora cadono le maschere, misuri davvero quando vali, trovi dentro di te forze che non sapevi di avere. Cominci a pensare davvero al tuo benessere. La ripetizione dei passi per ore, per giorni ha il potere di tirarti fuori i pensieri, di portare alla luce i ricordi. Pestare la terra risveglia la memoria, ti riporta alle origini, a quando eravamo nomadi, pellegrini e stranieri tutti, perché peregrinavamo da un luogo all’altro, e nessuno era la nostra patria.

La condizione di viandante ti toglie le certezze, ti lascia nuda, però in cambio ti insegna ad accettare l’altro, l’imprevisto, ad accettare te stessa, a fare i conti con il passato.

Ti senti dire: io camminare? No, è troppo faticoso. La pensavo anch’io così. Non è vero. Nella vita di tutti i giorni fai più fatica che in cammino. Ma non te ne accorgi. Camminando io imparo a vivere meglio. Applico alla vita le regole che il cammino mi impone: sobrietà, pazienza, curiosità, accettazione. Camminare cioè vivere, rivendicare con forza la necessità di pensare con la propria testa, fare quello che si desidera, stare con chi davvero ci piace. Stare con se stessi. Perché noi siamo la nostra migliore compagnia, dobbiamo esserlo. Se non ci piaciamo è perché non ci conosciamo abbastanza. Camminare da sola aiuta a conoscersi nel profondo, a capirsi, accettarsi. Volersi bene.

Donna Moderna, 24 maggio 2017

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