Tratturo, un viaggio fuori dal tempo

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Nel terzo giorno di cammino sui tratturi d’Abruzzo, hai già perso il senso del tempo e dimenticato gli odori della città. Il profumo dei prati è travolgente, inebria. Sconfinando in Molise, vieni accolto da macchie gialle di ginestra e mari viola di sulla, un profumato foraggio per gli animali che dà un miele squisito. Prima hai camminato sotto acacie, tigli e querce, hai annusato i fiori dei caprifogli e riconosciuto le più belle orchidee selvatiche lungo il tuo sentiero. L’iris marsica, di un blu-viola intenso, si rivela dietro un muretto a secco (foto sotto), le cime ancora screziate di neve del Parco d’Abruzzo sono sullo sfondo. E poi cespugli di valeriana, rosso bordeaux, il profumato elicriso, l’euforbia, il maggiociondolo ancora fiorito.

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5 giugno, giovedì
Uno spettacolo sono i salici che crescono nell’acqua sul lago di Barrea, li hanno seminati gli uccelli. Ai cervi piace vivere vicino al paese di Villetta, tanto nessuno li disturba. Si lasciano avvicinare per le foto (sotto), i maschi hanno corna maestose, ancora ricoperte di velluto. I piccoli saltano attorno alle mamme. Ci osservano sospettosi, quasi increduli della nostra attenzione. Non passano molti viandanti di qui. Non incontreremo nessuno in cammino sui tratturi. Solo cavalli bradi al pascolo, pecore e capre. Il cippo con la croce aragonese rosso vivo (foto sopra) porta la data “1720”: segnalava il confine fra un paese e l’altro: da una parte Barrea, che abbiamo appena lasciato, dall’altra Alfedena, trasformata dal benessere portato da Roccaraso, tanto che qui si parla di “alfedenizzazione” a significare la speculazione edilizia che snatura gli antichi borghi.
Dormiremo da Mario al “Tiglio”, un b&b dove le marmellate sono fatte in casa e le camere si chiamano “Quercia”, “Ginepro”, “Acacia”… Questa è terra di tartufi, scopriremo la sera a tavola, e anche l’indomani, in Molise, ascoltando il latrare dei cani rinchiusi affamati nei gabbiotti prima di essere lanciati nelle caccia ai preziosi tuberi. Così ho visto fare in Piemonte, così presumo facciano anche qui.

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6 giugno, venerdì
Il tratturo Castel di Sangro-Lucera passa da Montalto, la strada principale si chiama via Tratturo. Un paese che viveva di trasumanze e che ora è spopolato. L’uico bar apre solo il pomeriggio per chi viene a giocare a carte. La barista abita di sopra, ci vede e scende a farci un caffè. Arrivare in Molise è come un salto nel passato. Le donne hanno in testa fazzoletti legati sulla nuca e indossano gonne lunghe, mi ricordano quelle che venivano a vendere la verdura in piazza a Udine quando ero bambina. La sulla, usata come foraggio per gli animali, si raccoglie e si porta in spalla (foto sotto).

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Qui il tratturo e’ indicato da cartelli, anche se non sempre è facile percorrerlo. In alcuni tratti riconosci la sua ampiezza, in altri non è che un sentiero assediato da rovi spinosi. Ma la meraviglia ti aspetta a ogni passo.
Ci sono salite ripide, altre dolci. Ma raramente si viaggia in piano. Carovilli è il nostro punto di arrivo. Per ore abbiamo camminato senza incontrare anima viva (si dice così) eppure questa natura rigogliosa pullula di vita.

Pranziamo in una radura mentre un branco di cavalli ci osserva (foto sotto), sono qui perché c’è un’antica fonte per dissetarli. Ne incontreremo molte lungo la strada. Arriviamo alla fine del terzo giorno di cammino fra cespugli di rosa canina. Quando il tratturo coincide con una strada asfaltata, la nostra guida-pastore, Cesidio, trova un’alternativa più selvaggia. Così il salto nel passato è totale. Solo entrare nei paesi ci riporta alla realtà.

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