Zograf, c’è vita oltre la guerra

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Uno dei più grandi autori di graphic novel, anzi lui è forse quello che l’ha inventata, la graphic novel, per come la conosciamo. Aleksandar Zograf, serbo di Pancevo, ha visitato la Carnia ospite del Circolo culturale Cressi di Cercivento.

Le strisce di Zograf (vero nome Sasa Rakezic: ha cominciato a usare lo pseudonimo quando mandava i suoi fumetti mentre gli bombardavano casa e preferiva non essere riconoscibile) sono ospitate dal settimanale Internazionale e dal sito Osservatorio Balcani Caucaso. Ha pubblicato libri in molti Paesi, in Italia con l’editore Fandango (Storie, Segnali). Questa intervista è uscita sul Messaggero Veneto il 17 agosto 2014.

Le tue strisce sono diventate popolari nel 1999, quando la ex Yugoslavia era sotto le bombe della Nato e lei raccontava ciò che vedeva dalla finestra di casa sua a Pancevo.

Volevo raccontare il lato umano della guerra. La mia è una città industriale e diventò uno dei bersagli preferiti dei bombardamenti. Spedivo le mie strisce via mail e le pubblicavano subito sui giornali in tutta Europa e negli Stati Uniti. E’ stato forse il primo caso nella storia in cui qualcuno aveva ascolto nei Paesi dai quali provenivano le bombe che stavano colpendo casa sua. E tutto avveniva in tempo reale… Questo la dice lunga sull’assurdità della vita che viviamo. Ho usato molto humour nero in quelle strisce: eravamo stritolati fra due fronti di pazzi che si combattevano a nostre spese.

Sei considerato uno degli inventori della graphic novel, una forma di cronaca a fumetti molto celebrata negli ultimi anni.

Che io metta la realtà nelle mie strisce è vero. Ma il mio approccio non è oggettivo, non faccio il reporter. Semmai cerco il lato psicologico della storie che racconto. Forse sono stato il primo a tradurre la realtà che mi circondava in un fumetto, ma è stata una necessità: quello che capitava attorno a me era così abnorme! Sono contento che oggi la graphic novel sia riconosciuta: è una forma di espressione che può raggiungere un grande pubblico.

Hai dedicato al Friuli alcune strisce.

Sì, diverse sono uscite sul settimanale serbo Vreme. Scrivo di quel che vedo e dei luoghi che visito. In Serbia ho incontrato i ragazzi che avrebbero formato la band degli Arbe Garbe, ho disegnato le cover dei loro dischi e abbiamo creato Books Across Balkan, un progetto di concerti benefici in cui io disegnavo dal vivo. Invitavamo la gente a portare libri da donare alle biblioteche della ex Yugoslavia. E’ stata una esperienza fantastica.

Com’è andato il laboratorio di graphic novel con gli studenti delle terze della scuola secondaria di primo grado di Paluzza?

Molto bene, è stato divertente. Ho cercato di stimolarli a esprimersi attraverso i fumetti. Li ho divisi in due gruppi. Al primo ho chiesto di disegnare se stessi come se si dovessero presentare a qualcuno. E ho diviso il secondo gruppo in piccoli gruppi ai quali ho chiesto di collaborare nella creazione collettiva di un disegno. Lavoro spesso con le scuole, nel mio Paese e all’estero, mi piace molto.

Hai nuovi progetti con il Friuli?

Mi ha colpito vedere che quasi tutti gli antichi riti slavi, e molte credenze, esistano anche da voi e vorrei approfondire questi temi. Era la mia prim volta in Carnia, dove mi hanno invitato Federico Galvani di Arbe Garbe e Alessandro Gori, che penso sia uno dei massimi conoscitori delle vicende balcaniche. Io capisco l’italiano, ma lui parla il serbo perfettamente e mi ha fatto da interprete nelle scuole. Trovo molte affinità fra friulani e popoli balcanici. Quando vengo qui mi sento a casa.

Per disegnare usi la penna o il computer?

Uso una combinazione di tecniche: disegno alla vecchia maniera, con penna e inchiostro, ma poi coloro usando Photoshop.

Il tuo prossimo libro?
Uscirà in Francia, dove ho collaborato a un libro ispirato alla prima guerra mondiale e ho altri progetti in uscita. E ho un legame particolare con gli Stati Uniti, dove pubblico fin dagli anni Novanta con Fantagraphics Books, forse il più importante editore indipendente di fumetti.

Quali sono le cose che contano nel tuo lavoro, nella vita?

Non è facile rispondere. L’altro giorno ero in bicicletta e ho pensato a quel che mi ha detto un mio vicino ottantenne a proposito della vita, che è oscura, ti fa disperare e desiderare di farla finita. Ma poi arriva un nuovo giorno e il sole rende tutto così dolce che viene voglia di restare in questo mondo il più possibile. Sono le piccole cose che ti fanno vivere. Quelle su cui mi piace puntare l’attenzione nei miei disegni.

ALESSANDRA BELTRAME

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