I miei lettori bellissimi e una buona Notte

Ho sempre frequentato le librerie, fin da bambina. Quella più vicina a casa mia era la Carducci, in piazza XX Settembre, che ora non c’è più. Era grandissima ai miei occhi e piena di persone indaffarate. Aveva la forma a L e ti dovevi spostare da una corsia all’altra per essere notata e servita. Ci andavo per ritirare i libri di scuola. Ricordo che si aspettava un po’ perché arrivasse il proprio turno, che c’era sempre gente, e che i libri si dovevano ordinare, anche se ce n’erano ovunque: non c’era un punto dove lo sguardo non cadesse su una copertina, una costola, una pila da spacchettare, un espositore rotante (i miei preferiti!). Ce n’era sempre un paio che mamma o papà compravano sul momento. Uno era per me. A volte chiedevano di farli incartare. Io me li sarei fatti incartare sempre. Mi piaceva il rito di mettere l’adesivo per coprire il prezzo: stava a significare che era un dono (e mi colpisce che lo si usi ancora, in questa società che non ha più segreti). Poi la libraia (erano quasi tutte donne) confezionava il pacchetto con mani rapide. A volte un nastro, un fiocco, dipendeva dal destinatario.“Lo lasci così” diceva mio padre: un libro è un libro, mica un profumo o un cabaret di paste. Poi, se era sabato, lo accompagnavo a prendere l’aperitivo al Contarena, che non era il Contarena di adesso, ma era un bar colorato e per me allegro, perché gli amici di papà (e della mamma) mi piacevano un sacco, erano belli ed erano felici. Era l’inizio degli anni Settanta, e a Udine tutto andava per il meglio, o almeno così sembrava.
L’11 settembre 1976 ero con papà alla “Moderna” a comprare i libri per il rientro a scuola. La scossa delle 18 e 31 ci ha presi nel sottosuolo di questa libreria a tre piani. Sapevamo tutto: il 6 maggio ci aveva temprati. Siamo fuggiti senza dire una parola. In piazza è arrivata la seconda scossa: puro terrore, vissuto collettivamente, mentre dal bar “Zecchini” uscivano già i vassoi. I libri? Sono ritornata a prenderli molti mesi dopo, ma questa è un’altra storia.
Le librerie mi suscitano ricordi, la maggior parte lieti. Al liceo e poi all’università sono diventata una frequentatrice della Libreria Tarantola, dove mi pareva di trovare sempre tutto quel che cercavo e anche quello che non cercavo. Piccola e stretta, era tuttavia un luogo di ritrovo, talmente bella e ben fornita che non volevi uscirne più. Quando Giovanni Tavoschi, prezioso nei consigli, ti portava nel retro ed estraeva il libro giusto pescandolo da uno degli altissimi e fitti scaffali era come un piccolo grande miracolo che si manifestava. Oggi la Tarantola ha mutato aspetto, e librai, ma la sua eleganza e le sue magnifiche vetrine sotto i portici di via Vittorio Veneto sono intatte.
Ho frequentato molto la Libreria Friuli da giornalista, perché ricca di incontri: Giancarlo Rosso, il libraio di via dei Rizzani, apparteneva a quel raro genere di uomini che sanno tanto senza far pesare nulla, aveva la leggerezza di certe melodie di Bob Dylan, suo cantore prediletto, che nascondono profondità insondabili. Gli portai Giorgio Galli a parlare del Pier Paolo Pasolini politico assieme ad Angela Felice, che poi condusse il professore, affettuosa e appassionata come sempre, a visitare l’Academiuta e il museo di Casarsa. Una gita che fu lieve come una scampagnata. Strano destino: i giovani Angela e Giancarlo non ci sono più; il vecchio Giorgio ha compiuto 90 anni e scrive ancora.
Sapeva dei miei cammini, Giancarlo, e mi suggeriva libri prima ancora degli amici viandanti: Fermor, Macfarlane, una nuova edizione di Thoreau ora sono tutti nella mia personale libreria. Sara, la figlia, coraggiosamente continua la tradizione: una libreria è una magnifica eredità.
Anche da Marco Vertovec, editore prima che libraio, ho preso tanti libri sul viaggio, ma anche tanta narrativa: nella sua Odos2 di vicolo della Banca, i volumi sono divisi per luoghi. Da lui mi sono abbeverata di Kapuścinski prima di andare in Russia, e benché Imperium parlasse del passato mi ha illuminato il presente. Quando gli chiedi un libro che non conosce (rarissimo), Marco si preoccupa prima di procurarsene una copia per sé, poi per te. La curiosità: un’altra qualità dei veri librai.
Un giorno, era l’inverno dell’anno scorso, ricevo un messaggio: ciao, ho visto che in aprile esce il tuo libro, ci piacerebbe presentarlo. Imbarazzo, brividi: io il libro lo stavo ancora scrivendo! I buoni librai hanno fiuto, oppure portano fortuna: da allora, ho fatto 60 presentazioni in mezza Italia, quasi una alla settimana. E il primo a chiamarmi è stato un libraio udinese, Remo, direttore della “Moderna”, che nemmeno mi conosceva.
Ho conosciuto Giada di Ubik un giorno di gennaio, per quei fortuiti incontri che la vita, e il cammino, ti offrono. Le era piaciuto il mio libro, mi ha invitata a presentarlo per la Notte dei Lettori. Prima di lei avevo conosciuto Giulia di Ubik: entrambe giovani, entusiaste, sorridenti. Una nuova generazione di libraie e librai, come ne ho incontrati tanti in questi mesi peregrini. Con Giulia e con Marco (i librai si alleano, ed è bello così) condurrò una passeggiata letteraria sabato mattina, dalle 11 e 30, accompagnata da due cantastorie, Angelica Pellarini e Nicoletta Martinelli, e dal flauto di Luca Gasparotto. Da una libreria all’altra, nel cuore della città. Leggeremo brani che parlano di lettura e di libri, di viaggi tra le pagine e sui sentieri. E si finirà in piazzetta Marconi con un rinfresco, perché è bello anche brindare a questa città agghindata di cultura.
Udine può dirsi fortunata perché di librerie ne ha molte, un record, ha detto Mauro Daltin presentando la Notte dei Lettori. Fatto curioso in un Paese dove più della metà degli italiani legge meno di un libro l’anno. Ma siamo anche la nazione con il più grande numero di editori (migliaia), di festival culturali (centinaia) e dove si pubblicano – udite – 65 mila volumi ogni dodici mesi.
Chi salva i librai, salva gli editori e un po’ anche gli scrittori sono i cosiddetti lettori forti, quelli che leggono più di un libro al mese, ma anche due, tre, quattro. Il 14 per cento della popolazione che non può restare senza la lettura. Ecco, io a quelli affiderei tutto, anche il mio destino. Io dei lettori mi fido. Ne ho conosciuti tanti in questi ultimi mesi e vi dico che sono bellissimi. Ma lo sapete: di sicuro voi che mi state leggendo siete lettori di libri.
Ecco, anche se non saremo mai maggioranza, io vorrei un Partito dei Lettori. Quante magnifiche idee politiche potrebbero nascere grazie ai libri! E poi le buone letture sono contagiose, diventano virali. Udinesi, pensateci, qui che siamo in tanti ad amare la pagina scritta. Buona Notte dei Lettori a tutti. (a.b.)

Il disegno è tratto da Poema a fumetti, di Dino Buzzati (grazie a A.S.)

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