Aiuto, si soffoca!

Che facciamo: mettiamo la maschera antigas
o cambiamo vita?

E’ confermato: nelle nostre città si soffoca. Non solo in quelle grandi, come Roma e Milano, avvolte da una nera coltre dello smog già da parecchio. No: adesso non si respira nemmeno a Frosinone e Mantova, Torino e Ferrara, Perugia e Ravenna. L’elenco potrebbe continuare a lungo, perché sono oltre cento le città italiane “chiuse per inquinamento” con provvedimenti di emergenza di sindaci e presidenti regionali. E almeno 30, secondo i dati di Legambiente, “andrebbero chiuse per oltre 150 giorni l’anno”: tanti sono infatti i rilevamenti che superano la soglia di pericolosità delle famigerate polveri sottili, le Pm10, invisibili ma micidiali. Anche perché, afferma l’oncologo Paolo Crosignani, che ha effettuato la stima scientifica degli effetti dell’inquinamento sulla salute dei milanesi, “non ha senso parlare di soglie dal punto di vista biologico. L’effetto della media elevata è molto più forte dei picchi”. Qualcuno ha pensato di ascoltare il consiglio, inaugurando, come il sindaco di Cremona, la chiusura “a oltranza”. Bologna ha scelto una linea più soft, vietando le auto di domenica per i mesi a venire.
Tutta colpa dell’aria, la cosa più preziosa che abbiamo, che a forza di subire l’aggressione continua degli scarichi delle auto (causa al 70% del livello delle polveri), non ce l’ha fatta più e si è ammalata. Complice il ben tempo, l’assenza di vento, la pioggia che non arrivava mai (il dilavamento dell’acqua o la brezza abbattono il livello di inquinanti). Condizione climatiche eccezionali, che però hanno sferzato un colpo durissimo. Alla nostra salute, certo, ma anche a tutte le non-politiche ambientali seguite finora, alle tante belle parole, ai progetti mai conclusi, insomma ai tanti nulla di fatto dei nostri politici, ma anche al comportamento di noi cittadini: che prendiamo l’auto per fare trecento metri, magari fin da tabaccaio per acquistare le sigarette (accessorio perfetto per moltiplicare gli effetti cancerogeni dello smog) o raggiungere il bel centro commerciale (è dall’altra parte della città, ma pazienza), o accompagnare i figli a scuola (c’è l’autobus, ma vuoi mettere?).
Per fortuna che, invece di migliorarci la vita, siamo stati almeno capaci di migliorare i controlli (che è già qualcosa). Adottando peraltro una legge europea (il Governo si è deciso soltanto ora a ratificare le direttive Ue in materia: avrebbe dovuto farlo entro luglio). Una legge molto severa e restrittiva, che ormai tutti hanno preso a termine di misura. Con il risultato che oggi sappiamo con estrema precisione quanto, dove e come siamo inquinati; e pure quante persone in più si ammaleranno e quante in più moriranno, a causa di patologie correlate a un incremento di quei 5 o 10 microgrammi delle malefiche particelle. E il bello (o l’orrendo) è che conosciamo anche benissimo quali rimedi usare per cambiare il trend, ridurre le emissioni, migliorare la vita nostra e dei nostri figli. Eppure…
Ecco dunque allora che il blocco alle auto nelle città italiane, imposto da condizioni allarmanti, è diventato una sorta di pausa benefica: sia perché ci fa tirare una boccata d’aria un po’ meno intrisa di veleni, sia perché ci induce – finalmente – a riflettere. Sulle cause, gli effetti, e i possibili rimedi. Pm10, grazie: senza di voi, diciamocelo francamente, la vita avrebbe continuato a seguitare grigia e monotonicamente frenetica come sempre. A bordo della nostra vettura, magari con i finestrini ben chiusi e il climatizzatore al massimo. Nell’illusione di poter lasciar fuori, lontano dai nostri polmoni, le schifezze con cui piano piano abbiamo ammorbato l’aria. Fosse vero: quelle penetrano comunque, non c’è mascherina che tenga. Né ci si abitua a respirarle e si fa il “callo”, anzi: “Più ne accumuliamo, peggio è”, dice Luigi Allegra, pneumologo, perché “all’inquinamento non ci si abitua: lo si subisce”.
Un’altra soluzione, però, c’è. Potremmo vivere indossando una bella maschera antigas. Magari griffata. Eppure è troppo scomoda, davvero non si addice. Cadute tutte le alternative, e ogni alibi possibile, forse è davvero venuto il momento di darci una mossa. Cominciando ad andare a piedi.

Malati di smog
Effetti sulla salute, rischi
Parlano allergologa, pneumologo e oncologo

Per quanto si affannino tutti a dire che non servono, le soluzioni di emergenza per salvare dall’inquinamento i nostri polmoni sono, per il momento, le uniche che abbiamo. Chi se l’è potuto permettere, è già fuggito in qualche valle montana, o sulla costa, a respirare aria più pulita. La Liguria ha teso una mano ai pensionati lombardi e piemontesi avvelenati dallo smog e ha offerto prezzi superscontati per andare a svernare.
La gran parte di noi, invece, si è dovuta adeguare: fiutando l’aria, ascoltando i consigli degli esperti, provando l’ebbrezza della città sbarrata alle auto ma sempre inquinatissima, come testimoniano le centraline dell’Arpa, l’Agenzia per la protezione ambientale, presenti in ogni regione. Peraltro quella della Lombardia aveva già provveduto ad avvertire, all’inizio dell’autunno, che si preparava “un inverno difficile” per la qualità dell’aria. Senza ottenere risposta. Adesso, che proprio non respiriamo più, ecco i provvedimenti-tampone. Ma per la nostra salute, diciamolo subito, non bastano.
Forse il naso che pizzica, la gola che brucia, sono già i sintomi del “male da smog”? Non c’è più dubbio che l’incidenza di malattie respiratorie, allergie e tumori è correlata al tasso di veleni nell’aria. Paolo Crosignani, primario del Registro tumori di Milano, ha effettuato uno studio in proposito: calcolando patologie, ricoveri, crisi d’asma e persino giorni di lavoro persi per malattie respiratorie causate dall’inquinamento. Il confronto era fra condizioni di aria “pulita” (10 microgrammi di Pm10) e la media della qualità dell’aria di Milano negli anni ’99 e 2000, stimata in 59 particelle di Pm10 per metro cubo d’aria usando il metodo gravimetrico, che sottolinea l’oncologo, è diverso da quello utilizzato dalle pubbliche amministrazioni, che generalmente tende a sottostimare i dati di allarme”. Ebbene, lasciando la parola alle cifre, lo studio è categorico: 744 ricoveri per malattie respiratorie in più, 1199 degenze per problemi cardiaci, 262 casi nuovi di bronchite cronica e, sentite, una quota fra 300 e 1200 morti in più l’anno calcolati nel breve e lungo periodo.
Effetti terribili che però non si vedranno subito, neanche per patologie correlate, come le allergie. “Ci dobbiamo aspettare le prime crisi fra qualche mese”, dice Gianna Moscato, primario del Centro di riferimento di allergologia e immunologia alla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia. “L’inquinamento è subdolo”, osserva: “Abbiamo avuto un inverno eccezionalmente luminoso, eppure proprio in quei giorni, le polveri hanno raggiunto le concentrazioni maggiori. Anche per i nostri pazienti, però, gli effetti sono di medio-lungo periodo”.
Due gli aspetti, uno negativo e l’altro positivo, per gli allergici. Il primo è che “le particelle inquinanti, in particolare quelle dei motori diesel, che da sole costituiscono l’80% delle emissioni più nocive da traffico, si attaccano alle pareti del polline e le erodono, aumentando la concentrazione di allergeni nell’aria”. Il secondo aspetto, per fortuna benevolo, è che il freddo eccezionale ha ritardato la maturazione dei primi pollini”, dunque “non c’è stata la concomitanza di fattori che avrebbe potuto creare problemi subito”.
Ma vediamo bene contro chi dobbiamo combattere. L’ultimo, acerrimo nemico ha una sigla: Pm10, dove P sta per particella ed m per micron. “Comprende tutte le polveri sospese nell’aria con diametro fino a 10 micron”, spiega il professor Luigi Allegra, direttore della scuola di specializzazione delle malattie respiratorie dell’Università di Milano. Ogni dimensione ha un effetto diverso: “Quelle da 10 micron penetrano fino alla gola e alle corde vocali e provocano irritazioni, tossi, faringiti, laringiti”. Molto più pericolose quelle da 5-6 micron, perché “giungono fin oltre la trachea, in quella regione delicatissima chiamata “ilo”, composta da un tessuto estremamente fragile, dove queste polveri, contenenti sostanze inquinanti, metalli, possono produrre mutazioni gravi. Qui purtroppo nasce la maggior parte dei tumori polmonari, diciamo il 60-70%”. Ci sono poi le particelle da 2 micron e mezzo, che “giungono alla periferia dei polmoni, ai bronchi, producendo o aggravando le bronchiti, fino a quelle croniche ostruttive, molto pericolose nelle persone anziane. Infine, le Pm1, un micron di diametro, giungono fino “agli alveoli, Se immaginiamo i polmoni come un albero, questo è il momento in cui cadono le foglie. E’ lo stesso effetto per gli alveoli: si seccano, e arriva l’efisema”.
Ecco dunque a cosa andiamo incontro. Si è detto molto che i bambini sono i soggetti più a rischio, ma, fa notare Allegra, “gli anziani hanno molte meno capacità di recupero, e situazioni già compromesse. E’ assodato che dopo i giorni di massimo inquinamento si verifichi un numero maggiore di decessi di persone in età avanzata”. Questo è il risultato emerso dallo studio di Crosignani per conto dell’Istituto tumori di Milano. Che però contiene dati signficativi anche sui bimbi. Vediamoli: 10 mila 300 casi in più di bronchite acuta, oltre 9 mila attacchi d’arma per bambini che vivono in città. E’ recentissima la pubblicazione dei dati dello studio compiuto ad Atlanta nell’estate ’96: nella città americana, bloccata alle auto quasi per un mese a causa delle necessità dei Giochi olimpici, si è verificato il 50% di casi d’arma in meno nel bambini.

Mascherina? No grazie
Meglio le vitamine
Bambini a casa oppure in braccio

Non pensate di farla franca mettendovi in faccia una mascherina: le micidiali Pm10 sono talmente sottili che penetrano anche attraverso le quella. Restare chiusi in casa? Macché: non avete tenuto conto degli inquinanti domestici e dello scarso riciclo d’aria. Stessa cosa vale per l’auto. Eppure molti genitori pensano che portare i figli a scuola in automobile faccia risparmiare i veleni inalati camminando in città. E qualcuno sconsiglia anche una corsa in bicicletta e il jogging. Un test di Legambiente, che ha usato una macchina che simula il comportamento dei polmoni dei bambini, ha messo in evidenza che i passeggini “diventano come camere a gas”, dice Lucia Fazzo. Il consiglio è portarli in braccio o nel marsupio.
Ma “i genitori non devono aver paura di far camminare i loro bambini “, fa notare il pediatra Mario Canciani, presidente del gruppo europeo di pneumologia pediatrica, che gli effetti dell’inquinamento li vede ogni giorno nel suo reparto, al Policlinico universitario di Udine (dopo Aosta, è la città con il più alto numero di auto per abitanti: 80 su 100). “Le malattie respiratotrie sono aumentate in maniera allarmante negli ultimi anni – fa notare – e la causa prima sono i gas di scarico. E’ provato che i bambini che vivono nei pressi di strade con molto traffico hanno un’incidenza maggiore di tumori del sangue. E le leucemie sono più diffuse fra i benzinai, perché il benzene è altamente cancerogeno”. Canciani ricorda anche che “per ogni litro di carburante bruciato, si spende quasi un euro in costi sanitari”.
Assodato che le città sono inquinate, che fare per chi ci vive e lavora? Meglio abitare ai piani alti piuttosto che ai bassi (le particelle inquinanti si depositano verso il basso), possibilmente lontano da incroci con semafori che tengono le vetture ferme con il motore acceso; e per gli allergici, considerato l’effetto moltiplicatore dello smog, tenere d’occhio i bollettini dei pollini (dicono quando maturano: attenzione, variano di anno in anno), pulire benissimo la casa dalla polvere, eliminare moquette e tendaggi pesanti, spruzzare un acaricida, fare le medicazioni preventive. E se i bambini in passeggino sono soggetti ultrasensibili, anche i cani, soprattutto quelli di piccola taglia, “sviluppano più facilmente tumori e intossicazioni se vivono in una città inquinata”, denunciano le associazioni animaliste.
Sul fronte della prevenzione, si può fare qualcosa anche con l’alimentazione: “C’è un denominatore comune in questi veleni: producono ossidazione dei tessuti”, dice il professor Allegra. Il che significa che fanno invecchiare prima. “E le rughe della pelle non sono nulla rispetto alle rughe dei tessuti interni, dei nostri organi vitali”. La risposta è mangiare sostanze naturali contenenti vitamine come la C e la E che proteggono le cellule. Ma adesso gli antiossidanti si possono assumere anche nello stesso modo in cui subiamo le Pm10: respirando. Un aerosol “rinforzerà i tessuti della gola e di tutte le vie respiratorie”. Efficace? “Sì, aiuta. Ma eliminare le cause dello smog è ciò a cui tendiamo”. E se lo dice il medico…

Soluzioni:
cambiare abitudini di vita, ma anche carburanti (gas metano, diesel bianco, idrogeno, elettricità, aria compressa) e mezzi (treno, Ginger) e, paradossalmente, creare nuove autostrade, Come mai? Per rendere più scorrevole il traffico che altrimenti, se rallenta, moltiplica i suoi effetti nocivi.

Nel 1895 Karl Friedrich Benz guida la prima automobile a benzina per un test lungo le vie di Mannheim in Germania. Raggiunge la velocità di 9 chilometri orari, ben di meno di un cavallo in corsa, osservarono i suoi contemporanei, il che fece dubitare sulle potenzialità della sua scoperta.
Oggi, a più di cent’anni di distanza, con 700 milioni di veicoli in circolazione nel mondo, non esistono più dubbi sulle meraviglie del motore a scoppio. Peccato che alle gioie del comodo trasporto si siano affiancati i dolori dell’inquinamento, tanto che quasi non esiste più luogo della Terra immune dai loro effetti. Risultato: stiamo soffocando per eccesso di progresso, tanto che qualcuno ha parlato di “mobilità insostenibile”. Un prezzo altissimo in cambio di cosa? Della velocità? Macché: in fondo siamo rimasti ai tempi di Herr Benz: un’auto la mattina per andare al lavoro da Sesto San Giovanni al centro di Milano, o con percorsi simili dalla periferia al centro di Napoli e Roma, corre rispettivamente “a 9,1, 8,5 e 7,3 chilometri orari” secondo il test di Legambiente
Ma come si fa a rinunciare alla vettura, a traslocare le nostre membra dalla sedia di casa alla poltrona dell’auto, giù in garage, e poi ancora da quella alla sedia in ufficio, magari per un tragitto di pochi minuti? “Sono rimasta colpita – dice Anna Bartolini – nel vedere che gran parte degli automobilisti “beccati” alla guida nei giorni di divieto affermavano di preferire la vettura perché è un mezzo più comodo. Se non cominciamo a cambiare i nostri stili di vita è difficile che riusciremo a migliorare il mondo in cui viviamo”. Eppure, Alessandro Miano, del Movimento consumatori, ammette che “per la vita di oggi, dovendo fare un sacco di cose, per lavoro e per necessità di vita, in certe città come Milano è praticamente impossibile muoversi solo con i mezzi pubblici. Manca un sistema integrato, ci sono punti morti, lontani da ogni collegamento utile, non esistono vere e proprie corsie preferenziali”.
E le auto ecologiche? Oppure, e qui si entra in un terreno bello e irraggiungibile (o almeno così sembra): decidersi finalmente a investire nell’energia pulita. La auto a idrogeno, per esempio, funzionano, e, lo sapevate?, dal tubo di scappamento fanno uscire solo vapore acqueo. E l’auto ad aria compressa, chiamata Eolo, inventata dall’ingegnere francese Guy Negre (se volete c’è la foto sul sito www.eoloauto.it): un sogno, un’illusione? Macché: nonostante lo scetticismo di gran parte del mondo automobilistico, è già in produzione (a Rieti) e comincerà a essere venduta in luglio. Costo: 20 milioni. Il pieno: nel garage di casa, in 4 ore, con un motorino di aria compressa. Costo: quasi zero. Sì, è vero: ci si chiede: e la manutenzione, mi posso fidare, chi mi garantisce che funziona. Tutte cose da valutare, ma intanto qualcuno ci ha pensato. E siccome l’alternativa è continuare ad avvelenarci, allora ben venga la novità. Non vi pare?

Rendere più scorrevole il traffico è uno degli elementi che viene posto come basilare per ridurre lo smog, anche fra le proposte degli ambientalisti, che affiancano però l’incremento di zone pedonali e a traffico limitato, il potenziamento dei trasporti su rotaia fra città e periferie, l’incremento dei costi di parcheggio come dissuasione. Il traffico più fluido è uno dei punti chiave per Anna Gervasoni, economista, dirige il centro trasporti dell’Università di Castellanza, al centro di svariati progetti di project financing (sistema pubblico, privato per appaltare nuove opere pubbliche): “E’ inutile tentare di scoraggiare gli automobilisti con percorsi lenti e tortuosi: il risultato sarà soltanto quello di creare ingorghi, con molte più emissioni inquinanti”. Gervasoni, si occupa proprio di progetti per migliorare la circolazione. “Il problema qui in Italia è che per anni non abbiamo ammodernato le nostre infrastrutture. Siamo rimasti fermi agli anni Settanta. Per questo non ci sono abbastanza sottopassi nei punti critici delle città o intorno a esse, e permangono queste sacche di congestione che producono enormi costi sociali ed economici. Accanto ai costi sociali legati all’incremento delle malattie, a quelli economici per i ritardi e i tempi lunghi di percorrenza dei tragitti più intasati (la zona di Mestre per esempio è una delle più trafficate d’Europa), ci sono anche i costi dovuti agli incidenti stradali. “Tutti elementi che vanno calcolati quando si pensa di realizzare una nuova strada. I costi sono sì notevoli, ma si deve tenere conto del risparmio dovuto alla riduzione del traffico nei punti di congestione: pensiamo al passante di Mestre, alla Pedemontana veneta, alla Brescia-Milano, al raddoppio della Salerno-Reggio Calabria, tutti percorsi assolutamente necessari, che contribuirebbero anche a migliorare la qualità complessiva dell’aria”. Dunque non è vero che più strade producono più traffico? “Assolutamente no. Anche se il tutto andrebbe visto in senso integrato, perché il miglioramento della rete ferroviaria e il potenziamento dei mezzi pubblici deve essere collegato”. Invece, fa notare Legambiente, “su 30 mila chilometri di strade da fare, se ne prevedono solo mille di rotaie”. Quanto ai mezzi pubblici, l’aumento del 30% del biglietto della metropolitana di Milano, del 20% delle tariffe dei taxi e del 9 % dei treni non vuol dire incentivare, semmai il contrario”, dice Alessandro Miano del Movimento Consumatori.
E aggiunge che “in Italia il 12 % delle merci viaggia su rotaia, mentre in Francia è il 60%. Certo, molte tratte hanno ancora solo un binario”, osserva. Legambiente cita “le migliaia di Tir che ogni giorno premono alle nostre frontiere”, dice dice Roberto Della Seta.
Eppure, la nostra arretratezza viaria è lampante. Basta andare all’estero, fa notare Anna Gervasoni: Parigi ha nei punti chiave un sistema di passaggi interrati che rendono il traffico sorprendentemente fluido per una città così grande (10 milioni di abitanti), al punto che ci entri e ti ritrovi fuori senza quasi nemmeno accorgerti; Londra “ha migliorato di molto la sua situazione, grazie a massicci investimenti”. Ma l’esempio più brillante è secondo la studiosa “Chicago: era nel caos totale, inquinatissima. Adesso è diventata un modello di funzionalità”. Come fare dunque? “Intanto bisogna fare in modo che le grandi città non ricevano anche il traffico di passaggio: non ha senso, per esempio, che Bologna venga quasi attraversata anche da chi va da Padova a Firenze”. Bisogna dunque creare “bretelle di scorrimento esterne, che decongestionino le circonvallazioni. Poi “interrare molto, dove si può. E’ vero che l’Italia possiede ancora molte vestigia sepolte, penso per esempio a Roma, ma non si può bloccare lo sviluppo di un Paese per questo”.

Il Governo si è mosso
Come ha detto Fulco Pratesi, presidente del WWF Italia, “è ora di passare dalle azioni dimostrative ai fatti”. Speriamo.

Alessandra Beltrame
Anna, 2004.

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